Medici e scienziati sono (ancora) le figure professionali più affidabili 

Attraverso il Global Trustworthiness Index il sondaggio Fiducia nelle professioni di Ipsos rileva il livello di fiducia riposto a livello internazionale nelle diverse categorie professionali. In media, il 59% degli intervistati considera i medici come le figure professionali maggiormente affidabili, seguite da scienziati (57%) e insegnanti (52%). E ancora una volta dirigenti pubblicitari (18%), ministri del Governo (16%) e politici (12%) sono le categorie ritenute più inaffidabili. Il Covid-19 ha avuto quindi un impatto notevole sulla posizione occupata da medici e scienziati, ma il livello di fiducia in entrambe le categorie è leggermente diminuito rispetto all’anno scorso, rispettivamente di 6 e 4 punti, ritornando agli stessi valori di prima della pandemia.

Anche in Italia diminuisce la fiducia nei dottori

La Spagna è il Paese che affida il punteggio più alto di fiducia nei medici (71%), ma quest’anno in quattro Paesi meno della metà degli intervistati considera i medici affidabili: Corea del Sud (43%), Giappone (43%), Ungheria (40%) e Polonia (39%). Anche in Italia, rispetto all’anno scorso, la fiducia in medici e dottori è diminuita, passando dal 65% nel 2021 al 54% nel 2022. Nonostante ciò, resta la seconda categoria professionale in classifica percepita affidabile dagli italiani. I Paesi in cui invece si registrano i livelli più alti di fiducia negli scienziati sono Cina (71%), Messico (70%) e Spagna (70%). Al contrario, quelli meno propensi a considerare gli scienziati affidabili sono Corea del Sud (49%), Polonia (48%), Sud Africa (44%) e Giappone (37%). In Italia, gli scienziati rappresentano la categoria professionale ritenuta maggiormente affidabile (56%), anche se, al pari di medici e dottori, il livello di fiducia è diminuito di 12 punti rispetto all’anno scorso. Un calo significativo della fiducia si è verificato anche in Polonia e Ungheria (-13 punti) e negli Stati Uniti (-9 punti). In Messico, invece, è aumentata di 10 punti rispetto al 2021.

Fiducia negli insegnanti

Gli insegnanti rimangono la terza professione più affidabile per il quarto anno consecutivo, con il 52% degli intervistati a livello internazionale che li ritiene affidabili. I Paesi che li considerano più affidabili sono Cina (66%), Brasile (64%) e Cile (63%), meno Polonia (34%), Corea del Sud (31%) e Giappone (17%). I valori relativi alla fiducia negli insegnanti hanno registrato minori variazioni rispetto a quelli relativi a medici e scienziati. Tuttavia la fiducia è diminuita di 10 punti in Polonia, 9 punti in Malesia e 8 in Italia, passando dal 51% del 2021 al 43% del 2022.

Non ci fidiamo dei nostri politici

A livello internazionale, tre professioni si distinguono per essere considerate meno affidabili. In linea con i punteggi registrati lo scorso anno, soltanto il 18% degli intervistati ripone fiducia nei dirigenti pubblicitari, il 16% nei ministri del Governo e il 12% nei politici. In Italia, soltanto il 9% dei cittadini ritiene i politici affidabili, e il 15% ritiene affidabili ministri del Governo e dirigenti pubblicitari.

Italia destinazione preferita in Europa: +324% presenze rispetto al 2021

Giugno ha registrato un significativo incremento delle presenze turistiche: gli italiani hanno infatti ripreso a viaggiare, ed è ripreso anche il flusso di viaggiatori stranieri.
“Si temeva molto la mancanza dei russi, ma l’aumento del turismo interno sta aiutando a mitigare la situazione”, commenta Asmaa Gacem, vicepresidente nazionale del CNA Turismo e Commercio, con delega alle città d’arte.
Continua invece a pesare l’assenza del pubblico asiatico, grande bacino di utenza delle bellezze nostrane. Ma “si aggiunge la rinnovata presenza degli statunitensi, che continuano a scegliere l’Italia come una delle mete preferite – continua Gacem -. I dati sulle vacanze pasquali e i ponti successivi lasciavano ben sperare in una ripresa dell’intero settore turistico. Tuttavia nessuno aveva l’ardire di pensare che ci saremmo avvicinati ai numeri pre-pandemia”. 

Nonostante l’aumento dei prezzi gli italiani hanno voglia di spostarsi

Un’indagine del Touring Club Italiano riporta che il 79% degli italiani effettuerà un viaggio tra maggio e settembre, contro solo l’1% che è sicuro di non viaggiare. Nonostante l’aumento dei prezzi innescati dalla combinazione del conflitto russo-ucraino e pandemia, gli italiani hanno quindi voglia di spostarsi coniugando il relax con la scoperta di nuovi luoghi. La congiuntura positiva si alimenta anche dell’eliminazione delle restrizioni agli spostamenti, sia nel territorio nazionale, che per quanto riguarda gli ingressi internazionali.

Giugno è il mese per viaggiare

Le maggiori presenze si registrano nel mese di giugno, quando i costi sono più contenuti, mentre luglio si conferma il mese di punta dell’alta stagione insieme alle prime due settimane di agosto, quando si registra un’inflessione nel volume di presenze. Nel mese di giugno poi la percentuale di strutture prenotate arriva al 46,3%, e il primato si perde tra luglio (21,3%) e agosto (30%), quando si passa il testimone di prima in classifica alla Grecia.
“La maggiore saturazione interessa le mete lacuali (54,1%), mentre gli altri due gradini del podio sono occupati rispettivamente dalle città d’arte (51,7%) e dalle mete balneari (44,5%). Nel mese di luglio ci sarà una possibile inversione di tendenza a favore delle città di mare, ma la presenza di stranieri assicura numeri molto positivi per il turismo culturale”, spiega ancora Gacem.

Prenotazioni voli internazionali verso l’Italia: +384% 

Il dossier di Assoturismo per Confesercenti rivela infatti che tra giugno e agosto sono previsti 27,4 milioni di visitatori nelle città d’arte, facendo registrare un incremento del +24,6% rispetto al 2021.
“Secondo quanto mostrato nel rapporto ENIT, nella seconda settimana di giugno si contavano 931mila prenotazioni aeroportuali internazionali verso l’Italia. Si tratta di una cifra del +384% superiore rispetto al 2021 – aggiunge Gacem -. Riprendendo lo stesso documento dell’Agenzia nazionale del Turismo sui voli per l’Italia, nel mese di luglio si contano 728mila prenotazioni (+222%) e ad agosto 393mila (+202%). Ora, resta aperta la possibilità dei viaggi last minute, però le tendenze sono queste e confermano dei trend ormai stazionari”.

Gli italiani non rinunciano alle vacanze estive, nonostante l’aumento dei prezzi

La voglia di viaggiare degli italiani si conferma forte, nonostante il Covid, che nelle ultime settimane ha visto un’impennata del numero dei contagi, il protrarsi della guerra in Ucraina, e l’aumento dei prezzi. Un desiderio di vacanze addirittura in crescita rispetto al passato: non rispetto agli ultimi 2 anni, caratterizzati dalle restrizioni dovute alla pandemia, ma rispetto al pre-Covid, che per i mesi estivi raggiungeva quote di viaggiatori già rilevanti, e che per l’estate 2022 si accrescono ulteriormente. Per comprendere le scelte di viaggi e vacanze degli italiani, dal 2017 Ipsos conduce lo studio Future4Tourism. Di seguito, le evidenze dell’ultima rilevazione. 

Sempre più vacanze brevi e long week-end

Tra luglio e settembre 2022 il 75% degli italiani dichiara di aver intenzione di viaggiare, un dato in crescita di 3 punti percentuali rispetto all’estate 2019. Una crescita legata soprattutto all’incremento delle vacanze brevi-long week-end, mentre le vacanze di media-lunga durata, seppur in importante recupero rispetto all’estate 2020 e 2021, rimangono allineate ai periodi pre-pandemici.  L’alta propensione alle vacanze per l’estate 2022 non può però essere data per scontata, in quanto il contesto generale crea diversi e molteplici timori agli italiani. Ma le preoccupazioni per la guerra Russia-Ucraina sono diminuite rispetto alle prime fasi del conflitto, generando un ridimensionamento anche del loro impatto prospettico sulle vacanze estive 2022.

Come contenere la spesa prevista per le ferie?

Lo stesso non può dirsi per l’inflazione e l’aumento dei prezzi che rischiano di avere particolari ripercussioni sulle vacanze estive. In particolare, gli italiani affermano di non rinunciare a viaggi e vacanze, ma di contenere la spesa prevista. In prospettive, le strategie che gli italiani attueranno per difendersi dall’aumento dei prezzi relativamente alle loro vacanze estive saranno riduzione dello shopping, diminuzione dei giorni di vacanza, scelta di periodi meno costosi e riduzione della frequentazione di bar e ristoranti. Subisce un impatto minore il tipo di sistemazione, ma l’analisi dei comportamenti consente di affermare che è in atto una modifica delle scelte dei viaggiatori tra sistemazioni di tipo alberghiero (Hotel, agriturismo, B&B) a favore di sistemazioni di tipo privato (case e appartamenti).

Si continua a rimanere in Italia, e si sceglie il mare

Per quanto riguarda le destinazioni scelte per le vacanze estive 2022 siamo ancora lontani dalla situazione pre-pandemia. Si continua a rimanere in Italia più di quanto si facesse in passato. In lieve ripresa le mete europee, mentre i viaggi di lungo-raggio/extra-Europa rimangono ancora fortemente penalizzati. Relativamente al tipo di vacanza, per l’estate il mare resta la prima scelta, ma continua la buona performance delle mete montane. Una scelta nata durante la pandemia che si riconferma di anno in anno. Dunque, le vacanze per gli italiani sono davvero irrinunciabili. Le scelte sono però in continuo divenire. Monitorare e anticipare i cambiamenti della domanda appare quanto mai cruciale per costruire un’offerta che riesca a rispondere ai nuovi bisogni emergenti. Di cui spesso il consumatore-viaggiatore non è pienamente consapevole.

Inflazione: 7 su 10 italiani sono preoccupati per l’aumento dei prezzi    

Gli aumenti generalizzati dei prezzi in Italia sono dovuti a molteplici fattori, ma il conflitto in corso e l’incremento dei costi dell’energia sono ritenute le cause principali. In ogni caso, il consenso è unanime sul fatto che sia il consumatore il soggetto più penalizzato. Negli ultimi mesi l’inflazione è cresciuta in modo esponenziale, diventando una delle principali preoccupazioni avvertita a livello internazionale, in alcuni casi superando anche i timori legati al Covid-19 e alla guerra Russia-Ucraina.
Nonostante la maggior parte degli italiani non intraveda nei prossimi 12 mesi una modifica sostanziale della propria situazione economica, la preoccupazione per l’inflazione in Italia nel 2022 è elevata, con oltre sette cittadini su dieci che si dichiarano preoccupati per l’aumento dei prezzi.

Alimentari, servizi, tempo libero e vacanze: è tutto più caro

Ma quali sono i prodotti/beni/servizi che secondo gli italiani hanno registrato più aumenti di prezzo nel 2022? Secondo i dati dell’Osservatorio Ipsos sui comportamenti dei consumatori in risposta all’inflazione, al primo posto si collocano i prodotti alimentari, con il 74% degli intervistati che percepisce rincari. Ma è anche la categoria dei servizi ad aver registrato aumenti: l’80% lo ha riscontrato acquistando benzina/carburanti e il 78% pagando le bollette di luce e gas. Inoltre, il 57% degli italiani ha percepito aumenti di prezzi in ristoranti/pizzerie/fast-food, il 35% in viaggi e vacanze e il 32% in trasporti/spostamenti.

Si attende un ulteriore incremento nel corso del 2022

I consumatori si attendono un incremento dei prezzi nel corso del 2022 che riguarderà tutte le categorie di prodotti, anche quelle che finora erano state meno interessate dal fenomeno. Anche nella categoria dei servizi gli aumenti saranno generalizzati, e fortemente coinvolti dall’inflazione saranno i trasporti e le vacanze. Nei prossimi mesi, il 44% degli italiani si aspetta un aumento dei prezzi nel settore dei viaggi e vacanze, pari a 9 punti in più rispetto agli aumenti attualmente riscontrati, e il 48% nel settore dei trasporti, con 16 punti in più rispetto ai rincari attuali percepiti.

Meno consumi nel comparto horeca 

Un sondaggio internazionale di Ipsos condotto in collaborazione con il World Economic Forum ha rivelato che se l’aumento dei prezzi significasse non poter più permettersi l’abituale stile di vita i consumatori tenderebbero a diminuire le azioni considerate superflue e non necessarie. I dati dell’osservatorio sull’inflazione confermano questi dati anche nel contesto italiano. Relativamente ai servizi, il fuori casa alimentare/horeca è il comparto che registrerà le maggiori riduzioni di consumi nel breve periodo. Il 50% degli italiani dichiara che diminuirà la frequentazione di ristoranti/pizzerie/fast-food, ma anche di bar/pub/locali per aperitivi. Inoltre, il 46% diminuirà viaggi e vacanze, il 44% tutte le attività legate al tempo libero fuori casa, come teatri/musei/cinema, e il 41% anche l’utilizzo di mezzi di trasporto, come aerei/treni/navi.

Trasformazione digitale: serve un Manager Etico focalizzato sulle persone 

L’integrazione della tecnologia digitale modifica radicalmente il modo di lavorare, ma porta con sé anche un cambiamento culturale. Le aziende si trovano a gestire diverse esigenze, non facili da far coesistere: oltre a promuovere l’uso della tecnologia devono affrontare l’impatto del cambiamento sulle persone. Nasce quindi l’esigenza di una nuova figura, il Manager Etico, professionista con le competenze per concludere progetti tecnologicamente complessi e focalizzarsi sulle persone.
“Per le aziende oggi e per chi le dirige è cruciale saper sognare il futuro – spiega Alain Onesti, Digital Innovation Manager e autore di The Ethical Digital Transformation -: in alcuni casi, si può pensare di individuare proprio nella trasformazione digitale il realizzarsi di questa visione”.

“Un piano di transizione aziendale che metta al primo posto l’aspetto umano”

“Spesso, le persone all’interno delle organizzazioni percepiscono la trasformazione digitale come una minaccia – continua Onesti -. Compito del manager etico è quindi studiare un piano di transizione aziendale che metta al primo posto proprio l’aspetto umano, attuando ove necessario politiche di re-skilling e up-skilling”. Le skills trasversali e le soft-skills sono importanti quanto quelle specifiche. La formazione di un professionista resta cruciale, ma la capacità di adattamento ha un valore incalcolabile. Il modello di riferimento a cui le aziende si stanno orientando è quello americano, caratterizzato dalla valutazione positiva di esperienze diverse. Specializzarsi è necessario, tuttavia è sempre più richiesto avere competenze diversificate, maturate in diversi ruoli e settori, così da portare in azienda una visione innovativa.

Mantenere un profilo di moralità continuando a muoversi in mercati competitivi

Le organizzazioni devono abbracciare la trasformazione digitale per soddisfare le aspettative dei clienti, ed è necessario saper rispondere alle dinamiche del mercato con un’agilità sempre maggiore, gestendo accuratamente progettazione, sviluppo e implementazioni dei servizi digitali. L’avvento di ogni nuova tecnologia va gestito in modo controllato affinché sia un vantaggio. Disporre di meccanismi digitali avanzati può essere di aiuto per il lavoratore, ma l’implementazione deve tradurre le nozioni etiche in comportamenti professionali utili alla trasformazione digitale. Obiettivo? Riuscire a mantenere un profilo di moralità pur continuando a muoversi in mercati altamente competitivi. Nessuna azienda trae vantaggio a essere considerata immorale.

Un’azienda di successo applica attivamente integrità e trasparenza

Alain Onesti individua alcuni principi etici da seguire, per mettere a punto comportamenti organizzativi che promuovano fiducia e integrità. Innanzitutto, rendere la privacy e la sicurezza una priorità assoluta. Le persone devono avere fiducia nei servizi e nei dati digitali che utilizzano, l’integrità dei dati deve essere garantita. Inoltre, va incoraggiata una mentalità morale nell’azienda, e va posta attenzione ai pregiudizi, una delle cause più comuni di comportamento errato. Un’azienda di successo nell’economia digitale non solo riconosce concetti come fiducia, integrità, giustizia, riservatezza e trasparenza, ma li applica attivamente. L’etica non dovrebbe essere considerata uno strumento di marketing, ma un insieme di comportamenti messi in pratica da tutti coloro che sono coinvolti nella trasformazione digitale.

Quanto costa un figlio secondo Bankitalia?

Quanto costa mantenere un figlio in Italia? Secondo Bankitalia, una famiglia in media spende 640 euro al mese per ogni figlio appartenente al nucleo famigliare. Il dato emerge in un riquadro all’interno della Relazione annuale della Banca d’Italia, che ha preso come riferimento i costi dei nuclei familiari composti da due adulti con uno o più figli minori, durante il periodo compreso tra il 2017 e il 2020. Questa cifra, precisa l’istituzione, comprende gli acquisti di beni e servizi destinati esclusivamente ai figli, come gli alimenti per neonati o le rette scolastiche, e una quota dei consumi rilevati a livello familiare, come le spese per l’abitazione e per i trasporti, stimati utilizzando diversi criteri di ripartizione.

Quasi il 60% della spesa è destinato a soddisfare bisogni primari

Di fatto, quasi il 60% della spesa è destinato a soddisfare bisogni primari, ovvero beni alimentari, abbigliamento e spese per la casa, istruzione e salute. Queste stime si basano su criteri di ripartizione dei consumi rilevati per l’intero nucleo tra i diversi componenti della famiglia, e “non tengono conto del fatto che i genitori potrebbero decidere di comprimere i propri consumi per soddisfare pienamente quelli della prole”, si legge nel rapporto. Bankitalia ricorda poi che dallo scorso marzo è iniziata l’erogazione dell’assegno unico e universale per rafforzare le misure di sostegno economico ai nuclei con figli.

Nel 2020 ogni figlio costava 580 euro

L’importo, spiega ancora Bankitalia, pressoché stabile nel triennio 2017-19, si è contratto nel 2020 a 580 euro, il 12% in meno rispetto al 2019, quando i timori del contagio e le restrizioni alla mobilità connesse alla pandemia hanno fortemente ridotto la spesa per consumi, in particolare per i trasporti e per il tempo libero, riporta Askanews. In ogni caso, la spesa di 640 euro al mese per mantenere ogni figlio è pari a un quarto della spesa media di una famiglia italiana.

Nel Mezzogiorno spese ridotte rispetto al Nord

Durante il periodo preso in esame, si legge ancora nel rapporto ripreso da Agi, nel Mezzogiorno la spesa per ogni figlio è risultata inferiore rispetto al Centro Nord, anche se l’incidenza sulla spesa media delle famiglie è tuttavia simile nelle due macroaree. Il divario tra Sud e Nord ha riguardato per circa un quinto le spese per la casa, che riflettono il più elevato costo degli immobili nelle regioni centro-settentrionali, e per circa due terzi i consumi meno essenziali, come tempo libero, trasporti e altro.

Giornata della bicicletta: la mobilità sostenibile degli italiani è su due ruote

In Italia, il 57% dei cittadini afferma di saper andare in bicicletta e il 49% di possederne una da utilizzare per i propri spostamenti. Inoltre, il 26% afferma di utilizzare la bicicletta per fare attività fisica e soltanto il 10% per raggiungere il proprio posto di lavoro o studio. L’8% afferma poi di utilizzare i sistemi pubblici di condivisione delle biciclette. Si tratta di alcuni risultati di un sondaggio condotto da Ipsos in occasione della Giornata Mondiale della Bicicletta 2022. L’indagine, svolta in 28 Paesi, tra cui l’Italia, rileva un consenso internazionale sul ruolo chiave che le bici svolgono per ridurre le emissioni di carbonio e il traffico. E registra un ampio sostegno anche per dare alle bici la priorità nei nuovi progetti infrastrutturali.

Il ruolo della bici nella riduzione di emissioni di CO2

Il 37% degli italiani va in bicicletta almeno una volta alla settimana, quota che si riduce al 13% tra quanti dichiarano di utilizzare la bici come mezzo di trasporto principale per un tragitto di 2 chilometri. La bici è preceduta dalla camminata a piedi (42%) e dall’utilizzo della propria automobile (29%). La prevalenza dell’uso della bicicletta per fare commissioni o spostarsi è maggiore nei Paesi in cui è maggiormente percepita come un mezzo di trasporto sicuro, ad esempio in Cina, Giappone e Paesi Bassi. La maggioranza degli italiani (88%) ritiene che l’uso della bicicletta svolga un ruolo importante nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica e del traffico (85%). Tuttavia, oltre la metà (62%) ritiene che andare in bicicletta nella propria zona sia troppo pericoloso.

I ciclisti sono un pericolo per pedoni e automobili?

Il 57% degli italiani considera la bicicletta una tendenza urbana, nonostante l’alta percentuale di accordo rimane tra le più basse dei 28 Paesi, occupando la venticinquesima posizione, dopo Corea del Sud (56%), Giappone (47%) e Ungheria (41%). Gli italiani poi sono tra i cittadini maggiormente d’accordo con il fatto che i ciclisti spesso non rispettano le regole del Codice della strada e possono rappresentare un pericolo per pedoni e automobilisti. In particolare, il 76% ritiene che i ciclisti della propria zona spesso non rispettino le regole del traffico, il 70% sostiene che i ciclisti rappresentino un pericolo per pedoni e automobili o moto/motorini, e il 68% ritiene che i ciclisti rappresentino un pericolo per gli automobilisti.

Una priorità all’interno dei nuovi progetti di infrastrutture stradali

Nella maggior parte dei mercati esaminai la bici gode di un livello di favore più elevato rispetto a tutte le altre forme di trasporto. In Italia, la bicicletta riscuote l’81% dei consensi e la bici elettrica il 77%.
Poco meno della metà degli italiani (43%) considera però l’infrastruttura ciclistica della propria zona eccellente. Una solida maggioranza di cittadini (71%) è d’accordo sul fatto che i nuovi progetti di infrastrutture stradali nella propria area dovrebbero dare priorità alle biciclette rispetto alle automobili.

Attacchi informatici in aumento, come possono difendersi le aziende?

Sono soprattutto le aziende le “vittime” designate degli attacchi informatici, e il fenomeno è in costante aumento. A confermarlo è uno studio basato sull’analisi degli incidenti segnalati ai clienti di Kaspersky Managed Detection and Response (MDR) ha rivelato che la quota di incidenti critici riscontrati dalle organizzazioni è aumentata da 9% nel 2020 a 14% nel 2021. Le ragioni di questa “debolezza” sono da attribuire prevelanetemente e infrastrutture sempre più complesse, carenza di professionisti qualificati e attacchi sempre più raffinati e quindi insidiosi. In questo contesto, è difficile mantenere alta la capacità di identificare le attività avversarie prima che si verifichino gli incidenti. “Il report MDR dimostra, ancora una volta, che gli attacchi sofisticati sono destinati a persistere e che sempre più organizzazioni si trovano ad affrontare incidenti gravi. Uno dei problemi più urgenti risiede nel fatto che questo tipo di attacchi richiedono più tempo per le indagini e per fornire raccomandazioni sulle varie fasi di remediation. Lo scorso anno, gli analisti di Kaspersky sono riusciti a ridurre significativamente questo indicatore da 52,6 minuti nel 2020 a 41,4 minuti. Questo risultato è stato ottenuto aggiungendo altri incident card template e introducendo nuovi aggiornamenti di telemetria che accelerano il triage”, commenta Sergey Soldatov, Head of Security Operations Center di Kaspersky. 

Danni gravi per tutti i settori

Secondo quanto emerso dal report, nel periodo preso in considerazione le organizzazioni di tutti i settori hanno subito gravi incidenti e la maggior parte dei settori verticali ne ha dovuti affrontare di diversi tipi. Le tipologie degli attacchi più frequenti sono rimaste invariate rispetto all’anno precedente e, tra queste, la percentuale maggiore (40,7%) appartiene agli attacchi mirati. I malware che hanno avuto un impatto rilevante sono stati identificati nel 14% dei casi, mentre il 13% ha riguardato lo sfruttamento di vulnerabilità critiche esposte pubblicamente. Anche l’ingegneria sociale è rimasta una minaccia rilevante, rappresentando quasi il 5,5% degli incidenti provocati. Gli attacchi mirati nel 2021 sono stati rilevati in tutti i settori verticali presi in considerazione nella ricerca, ad eccezione dei settori education e mass media, anche se sono stati segnalati incidenti di questa tipologia all’interno di organizzazioni legate ai media. Il maggior numero di attacchi human-driven mirava a settori quali: governativo, industriale, informatico e finanziario. Gli incidenti di gravità elevata si distinguono per l’ampio uso di binari “living-off-the-land” (LotL), di natura non dannosa, già presenti in un sistema preso di mira. Questi strumenti consentono ai criminali informatici di nascondere la loro attività e di ridurre al minimo le possibilità di essere individuati durante le prime fasi di un attacco. Oltre ai diffusissimi rundll32.exe, powershell.exe e cmd.exe, strumenti come reg.exe, te.exe e certutil.exe sono spesso utilizzati negli incidenti gravi.

Servizi di protezione

Per proteggersi da attacchi mirati, le organizzazioni possono avvalersi di servizi che conducono esercitazioni ethical offensive. Si tratta di attività che simulano attacchi avversari complessi per esaminare la resilienza informatica di un’azienda. Secondo gli analisti MDR di Kaspersky, questa pratica è stata applicata solo nel 16% delle organizzazioni.

Italiani e investimenti nell’economia reale

Al terzo trimestre 2021 è di 5.000 miliardi di euro il valore del portafoglio finanziario degli italiani, +25,5% negli ultimi dieci anni, e +5,9% rispetto al 2020. La propensione al risparmio, pari all’8,1% del reddito disponibile nel 2019, è aumentata al 15,6% nel 2020, e oggi è pari al 13,1%. Per far ripartire gli investimenti sono disponibili tante risorse private, di cui una quota rilevante è in forma liquida sui conti correnti bancari. Liquidità e depositi delle famiglie hanno infatti registrato un boom nel decennio (+32,1%) e una crescita del 3,7% rispetto al 2020, volando sopra i 1.600 miliardi di euro.

Sono alcuni risultati del Rapporto ‘Investire di più, investire nell’economia reale’, realizzato dal Censis in collaborazione con Assogestioni, l’Associazione italiana del risparmio gestito.

Cosa fare del contante precauzionale?

Si possono distinguere quattro gruppi di risparmiatori: il 21,5% è impaurito, pronto ad ampliare l’attuale quota di liquidità, anche a scapito di altre forme di risparmio, il 30,8% è cauto, vuole preservare la propria quota di contante senza penalizzare altre forme di risparmio, e il 36,4% è un investitore moderato, pronto a investire almeno in parte il contante accumulato. I risparmiatori più audaci sono l’11,3%: solidi dal punto di vista patrimoniale, abituati agli investimenti azionari, sono propensi a investire in attività finanziarie ad alto rischio e alti rendimenti potenziali. In sintesi, circa la metà dei risparmiatori è pronta a scongelare un po’ della propria liquidità facendola affluire verso gli investimenti.

Come tornare agli investimenti finanziari?

Quali sono i requisiti degli investimenti che potrebbero stimolare le persone a dirottarvi risorse? Il 38,8% vorrebbe rendimenti più alti, il 25,6% costi dei servizi di gestione più bassi, il 22,8% rassicurazioni sul valore reale dell’investimento. Aiuterebbe a vincere paure e resistenze dei risparmiatori anche l’evoluzione di aspetti di contesto, come un sistema di welfare più ampio e rassicurante (28,0%) e un allentamento dell’incertezza generale (22,8%). Il 78,2% dei risparmiatori è poi propenso a effettuare investimenti etici, e il 54,4% investirebbe in Pmi italiane. Quanto ai titoli di Stato, il 71,7% non li acquisterebbe, mentre il 55,5% non reputa convenienti gli investimenti immobiliari. Insomma, i titoli di Stato, per ora, non hanno appeal e il mattone non è più ritenuto l’investimento sicuro e remunerativo.

Il risparmio gestito

Il 40,0% degli italiani conosce gli strumenti del risparmio gestito. Tra chi li conosce, il 46,2% ne ha fiducia, e la propensione a investire in questi prodotti risulta buona: il 53,1% dei risparmiatori lo farebbe e il 10,9% lo ha già fatto in passato. Decisivo è il ruolo della consulenza finanziaria, da cui il 40,8% degli italiani si aspetta chiarezza, il 39,5% competenza, il 24,3% attenzione alle esigenze del cliente, il 21,7% esperienza. Positivo è anche il giudizio espresso dai consulenti finanziari: il 50,5% rileva che negli ultimi due anni è aumentata la fiducia dei clienti nel risparmio, e per il 48,6% la clientela si aspetta che i propri interlocutori infondano sicurezza in merito alle scelte di gestione dei propri soldi.

Boom di download per Mastodon, l’alternativa a Twitter

Mastodon, il social che si autopresenta come “l’alternativa etica a Twitter”, sta registrando un boom di download. Con l’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk è scattata infatti la corsa degli utenti verso piattaforme alternative, e la principale candidata al momento sembra essere proprio Mastodon. Fondato nel 2016 dal tedesco Eugen Rochko, allora 24enne, Mastodon conta 4,4 milioni di iscritti. Una cifra che in questi giorni sta crescendo in modo considerevole. Secondo lo stesso Rochko, la notizia dell’acquisizione di Twitter da parte di Musk ha innescato un picco di iscrizioni. E proprio su Twitter, ora Mastodon è al quarto posto tra gli argomenti più cinguettati.

“La più grande rete di microblogging libera, open-source e decentralizzata”

Il social si caratterizza per l’assenza di pubblicità e profilazione degli utenti, ma soprattutto è interamente guidato dalla sua community, che controlla e segnala i post che violano le regole di utilizzo. L’aspetto di Mastodon è quello di un microblogging in stile Twitter, con un limite di 500 caratteri, e si descrive come “la più grande rete di microblogging libera, open-source e decentralizzata del mondo”. Questo perché non si appoggia a un server centrale, bensì su una rete di ‘nodi’ collegati, tanto da definirsi anche come “social network federato”.

Tremila istanze con regole d’uso proprie e argomenti vietati

Mastodon è formato da circa 3mila canali, chiamati ‘istanze’, ognuna con le proprie regole d’uso e argomenti vietati.
Ad esempio, su Mastodon.uno, la prima istanza generalista indirizzata ai soli utenti di lingua italiana, è vietata l’apologia di fascismo, cosi come sono vietati razzismo, sessismo, transfobia, proselitismo e intolleranza religiosa, nonché la diffusione intenzionale di fake news, riporta Ansa. Inoltre, la pubblicazione dei contenuti non risponde ad alcun algoritmo che metta in evidenza post che si potrebbero trovare interessanti. Infatti Mastodon mostra tutto in ordine cronologico. E non c’è un unico flusso di informazioni: i post sono pubblicati in diversi hub.

Il controllo dei contenuti spetta solo alla community

Il controllo dei contenuti spetta poi solo alla community, che gestisce la segnalazione dei post che violano le regole. Una prospettiva che in un periodo in un cui le fake news abbondano può spaventare, ma Mastodon crede che lo sforzo collettivo funzioni meglio di qualsiasi algoritmo.  “Se non volete un social network in cui Mark Zuckerberg, Jack Dorsey o un altro ceo miliardario determini cosa potete pubblicare e quali post possano diventare popolari, Mastodon è una buona alternativa”, si legge nell’hub italiano Mastondon.uno.
In ogni caso, riporta Techprincess, dopo il debutto su iOS, Mastodon ora arriva anche su Android. Resta da vedere se la crescita della piattaforma sarà davvero sostenibile.