Durante il primo periodo dell’emergenza Covid-19 un’azienda su cinque ha applicato lo smart working su quasi la totalità dell’organico. In misura maggiore ne hanno usufruito le aziende con più di 500 dipendenti, di cui il 28% con oltre il 91% della forza lavoro in smart working, e quelle operanti nel settore del commercio e servizi (il 62% con più di metà risorse a distanza). Nonostante per 9 HR italiani su 10 l’assenteismo non sia percepito come preoccupante all’interno della propria impresa, oltre il 70% ritiene che lo spettro dei dipendenti assenteisti rappresenti un rischio tra elevato e molto elevato a livello di danno aziendale. Si tratta di alcuni dati emersi dalla seconda edizione dell’Osservatorio condotto da Abbrevia e il Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale (GIDP). L’Osservatorio sviluppa un’analisi statistica del fenomeno dell’assenteismo, e quest’anno si arricchisce con la valutazione dell’approccio allo smart working.

Regolamentare la nuova modalità operativa

Secondo i dati dell’Osservatorio, settembre segna una diminuzione del ricorso al lavoro agile, che metà del campione applica a meno del 20% del personale.

Di particolare interesse è il tentativo di regolamentazione della nuova modalità operativa. Il 47% delle imprese non ha disciplinato lo smart working, ma chi ha normato questo strumento ha definito orari e luoghi di lavoro (24%) oppure gli obiettivi professionali (12%). A livello dimensionale, le aziende con meno di 150 dipendenti sono più propense a normalizzarlo (57%). Solo il 27% ha definito lo strumento con un accordo sindacale.

Abuso dello smart working come nuova categoria di comportamenti scorretti

Per la maggior parte degli HR intervistati (80%), l’applicazione dello smart working non ha causato anomalie. D’altra parte, il 56% delle imprese si mostra favorevole all’introduzione di controlli sugli smart worker, soprattutto in aziende meno strutturate (62%). Infatti, entrando nell’analisi dei comportamenti scorretti, la neonata categoria dell’abuso dello smart working figura al primo posto (40%), seguita da un utilizzo scorretto dei permessi per malattia o infortunio (24%).

Il fenomeno dell’assenteismo è in calo rispetto al 2019

In possibile correlazione con l’introduzione del lavoro agile, il fenomeno dell’assenteismo riporta un calo rispetto al 2019, con una media dei tassi di assenza (ferie e permessi esclusi) al 3,5% sul totale del monte ore, ma un incremento all’aumentare della dimensione aziendale. Per il 70% del campione si tratta di assenze brevi (2,1 giorni di media), più riconducibili a un “assenteismo tattico”: un HR manager su tre riscontra picchi di assenza, ad esempio, a ridosso del weekend (40%). In ogni caso, pur individuando gli illeciti, non sempre le aziende intervengono. Ma rispetto al 2019, quando a non agire era il 32% degli HR, oggi si è passati all’81%.