Sebbene la nostra PA possa contare su punte di eccellenza centrali e locali, gli sprechi, gli sperperi e le inefficienze presenti nella nostra burocrazia pubblica continuano a ostacolare la modernizzazione del Paese. Ma quanto cosano all’Italia le regole tortuose della burocrazia statale, i mancati pagamenti della PA, la lentezza della giustizia civile, il deficit infrastrutturale, gli sprechi nella sanità e nel trasporto pubblico locale? L’Ufficio studi della CGIA ha stimato gli effetti economici di queste criticità, concludendo che dovrebbero interessare oltre 11 punti di Pil all’anno, ovvero circa 225 miliardi di euro. Una cifra più che doppia dell’evasione tributaria e contributiva (circa 100 miliardi di euro l’anno), quasi doppia della spesa sanitaria (131,7 miliardi per il 2023), pari al Pil prodotto nel 2021 da Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia, e di poco inferiore alle risorse che l’Italia dovrà spendere entro il 2026 con il PNRR (235 miliardi).

Sprechi, deficit e inefficienze: dalla Pa alla sanità ai trasporti

Di fatto, il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la PA è pari a 57,2 miliardi di euro. Inoltre, i debiti commerciali di parte corrente della PA nei confronti dei propri fornitori ammontano a 55,6 miliardi di euro, e la lentezza della giustizia costa al Paese 2 punti di Pil l’anno, ovvero 40 miliardi di euro. Il deficit logistico-infrastrutturale penalizza poi il nostro sistema economico per un importo di 40 miliardi di euro all’anno, e se gli sprechi nella sanità cubano oltre 21 miliardi di euro sprechi e inefficienze presenti nel settore del trasporto pubblico locale ammontano a 12,5 miliardi di euro all’anno.

Siamo al 23° posto in Europa per la qualità dei servizi pubblici

Nonostante il problema fosse avvertito fin dagli inizi della Repubblica, a distanza di quasi 75 anni la lotta alla cattiva burocrazia non ha portato grandi risultati. Certo, l’avvento delle tecnologie informatiche ha reso meno impervio il rapporto tra i cittadini e gli uffici pubblici, ma le difficoltà rimangono e la percezione degli italiani sul livello di qualità reso dalla PA resta molto basso. Sebbene abbiamo recuperato qualche posizione rispetto al 2019, nell’ultima indagine campionaria realizzata a inizio 2023 l’Italia si colloca solo al 23° posto a livello europeo per la qualità offerta dai servizi pubblici. Tra i 27 paesi UE solo Romania, Portogallo, Bulgaria e Grecia presentano un risultato peggiore del nostro.

Sud Italia, il fanalino di coda nella classifica regionale europea 

Anche a livello territoriale non brilliamo per qualità ed efficienza. Su 208 regioni europee monitorate nel 2021 dall’Università di Göteborg, la prima realtà italiana è al 100° posto ed è la Provincia Autonoma di Trento. Sconsolante poi la situazione che emerge dalla lettura dei dai riferiti alle regioni del Sud. Delle ultime 20 posizioni di questa graduatoria 5 sono occupate dalle regioni del Mezzogiorno: Puglia (190°), Sicilia (191°), Basilicata (196°), Campania (206°) e Calabria, penultima a livello europeo, al 207°. La graduatoria però non misura la qualità istituzionale dell’Amministrazione, bensì di tutte le società/enti pubblici presenti: Agenzia Entrate, ASL, Camere di Commercio, Comuni, CNR, Inail, Inps, Province, RAI, Regione, Rete Ferroviaria Italiana, Università, ecc.