Se sostenibilità significa soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli della generazione futura, è necessario trovare un nuovo modello di business. In tale contesto, i criteri ESG (Environmental, Social, Governance) sono diventati lo standard internazionale per misurare, controllare e sostenere l’impegno delle imprese in termini di sostenibilità.
In particolare per le start up italiane ‘green’, realtà piccole con significative prospettive di crescita, che vogliono rendere il mondo un posto migliore a partire dall’ambiente e dal benessere dei propri dipendenti fino alle relazioni con fornitori, clienti e stakeholder. È questo l’identikit delle start up attive nella sostenibilità, pertanto concentrate sull’aderenza ai criteri ESG, come emerge dal Report Sustainability Waves ESG Italian Startups di Cariplo Factory. 

Piccole e mature nella raccolta di capitali

Queste aziende sono abbastanza mature rispetto al ciclo di vita di una start up. Oltre la metà è nata prima del 2019, dunque si trova nella fase early stage e growth, mentre meno del 40% si colloca nei segmenti inziali, quelli pre-seed e seed.
Si tratta inoltre di attività piccole. L’82% ha meno di 10 dipendenti, il 15% ne ha meno di 50 e solo il 3% supera i 50. Nonostante ciò, la maggior parte di esse è comunque riuscita a raccogliere investimenti e a proiettarsi già sul mercato nazionale (54%) e internazionale (40%). E più del 50% si colloca tra la settima e la nona posizione nell’indice di valutazione Investment Readiness Level (IRL), che misura la maturità della start up nella raccolta di capitali.

Fornitori selezionati in base all’impatto ambientale, sociale e di governance

La distribuzione geografica ricalca e conferma il divario tra le aree italiane: il 60% si colloca nelle regioni del Nord, il 20% in quelle del Centro e il 20% in quelle del Sud.
Un aspetto interessante è che il 57% delle start up attive in ambito ESG sono già diventate società benefit o stanno per farlo, mentre il 38% ha già una certificazione BCorp o sta cercando di ottenerla.
Inoltre, il 97% valuta e seleziona i propri fornitori in base al loro impatto ambientale, sociale e di governance, escludendo quelli che non soddisfano i requisiti in materia, il 61% svolge attività di sensibilizzazione dei clienti riguardo la sostenibilità, e il 71% redige un report di impatto.

I motivi dell’impegno

Alla base della scelta ‘green’ delle start up c’è il desiderio di avere un impatto positivo e migliorare il mondo e la società (52%), riporta Adnkronos. Solo il 24% aderisce ai criteri ESG per ‘ragioni di business’, ovvero perché sono i clienti a chiederlo, solo l’8% lo fa per migliorare la reputazione aziendale, o lo fa perché costretto dalle normative (2%). 
Tra i fattori ESG è quello ambientale a fare la parte del leone nelle attività messe in campo dalle start up, seguito dal fattore Social. Quanto alla Governance, c’è ancora parecchio da lavorare, come conferma la mission dichiarata: nel 55% dei casi Environment, nel 33% Social, nel 12% Governance.