Italia meta top per lusso e benessere, 11 milioni di notti in hotel 5 stelle

L’Italia è al top tra le destinazioni mondiali legate al benessere, e soprattutto al lusso. I turisti internazionali la scelgono sempre di più, anche per coronare il proprio sogno d’amore. Per i turisti stranieri i viaggi di nozze nel nostro Paese sono considerati esclusivi, e vengono preferiti a località esotiche come Maldive, Polinesia Francese e Maui. In ogni caso, il Belpaese è prima destinazione per il segmento affluent, dove risulta in testa a Francia, Sud Africa e USA. Mentre per i Millennial l’Italia batte Thailandia, Islanda e Sud Africa, e per le famiglie supera il Messico, le Hawaii e perfino Orlando, sede di Disneyworld.

Entro il 2025 i viaggi di lusso aumenteranno del +6,2%

Lo ha scoperto una ricerca diffusa dall’Enit, l’Agenzia nazionale del turismo, secondo la quale anche la scelta della modalità di viaggio rende bene l’idea di come si stia alzando la quota di mercato con maggiore disponibilità economica attratta dal nostro Paese. Nel 2019 i viaggiatori in classe business provenienti dall’estero sono aumentati del +12,7%, trascorrendo, insieme ai viaggiatori italiani, oltre 11 milioni di notti in alberghi di lusso. Di questo passo, secondo le previsioni dell’Enit, l’industria del lusso non conoscerà mai crisi, ed entro il 2025 i viaggi di lusso cresceranno più velocemente rispetto a qualsiasi altro tipo di viaggio. In particolare, del +6,2%, più di un terzo rispetto al totale dei viaggi, che cresceranno del +4,8%.

Cresce la spesa internazionale extra Ue per lo shopping

Nel primo semestre 2019 sul 2018 anche la spesa internazionale extra Ue per lo shopping in Italia segue un trend di crescita. E il volume degli acquisti effettuati nei fashion store di prestigio del Belpaese è pari a +7%, con uno scontrino medio intorno agli 800 euro. Cresce anche l’attrattività dell’Italia turistica sul mercato francese, riporta Ansa. Nel primo semestre 2019 sul 2018 gli arrivi aeroportuali dalla Francia sono aumentati del +4,2 nell’ultimo trimestre 2019. Sono 6 milioni i viaggiatori e 17,8 milioni i pernottamenti, per oltre 1,8 miliardi di euro di spesa turistica, cresciuta del 7,0%.

Il futuro è dei viaggi che migliorano il benessere del viaggiatore

Il futuro quindi è dei viaggi che migliorano il benessere fisico, mentale e sociale del viaggiatore. E i brand di viaggio oggi offrono soluzioni a 360° che promettono al turista di tornare rigenerato alla vita di tutti i giorni. Quest’anno poi è l’Anno della salute, almeno secondo l’Iltm, l’International Luxury Travel Market, che si è tenuto a Cannes dal 2 al 5 dicembre. Un evento globale dedicato proprio all’industria dei viaggi di lusso, durante il quale si è riunita una comunità di esperti del wellness insieme ai protagonisti del settore travel.

Buoni pasto, cartacei o elettronici? La Legge di Bilancio favorisce i secondi

La Legge di Bilancio 2020 introduce novità nella normativa di riferimento dei buoni pasto. Fissando i limiti giornalieri a 4 euro per quelli cartacei favorisce quelli elettronici, aprendo la strada a una maggiore tracciabilità anche sul fronte del welfare aziendale. Il DDL, presentato in Senato il 2 novembre dal ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri, introduce una novità sugli importi complessivi giornalieri che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, e interviene sulla normativa di riferimento, l’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Se il testo sarà così approvato, le nuove soglie entreranno in vigore dal 1° gennaio 2020.

Modificati i limiti del valore massimo giornaliero per non “formare” reddito

I buoni pasto sono titoli di pagamento che possono essere utilizzati per acquistare pasti o prodotti alimentari, hanno un valore prestabilito, sono nominativi e devono essere utilizzati solo da titolare. Possono essere cartacei, che al momento dell’utilizzo devono essere datati e sottoscritti dal lavoratore, o elettronici, che non richiedono alcuna firma da parte del titolare, perché le informazioni necessarie sono digitalizzate grazie a un numero e un codice identificativo. I buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente entro un valore massimo giornaliero stabilito dall’articolo 51 del TUIR. Le novità della Legge di Bilancio 2020 intervengono sulla normativa, e modificano i limiti. Per i buoni pasto elettronici la soglia passa da 7 a 8 euro, e per quelli cartacei scende da 5,29 a 4 euro.

Anche il welfare va verso la tracciabilità

Le regole stabilite dal Decreto Ministeriale del Ministero dello Sviluppo Economico numero 122 del 7 giugno 2017 definiscono i buoni pasto come non “cedibili, non cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro” e “utilizzabili solo dal titolare”. Le novità della Legge di Bilancio 2020 riscrivono la normativa in modo tale da favorire l’utilizzo dei buoni pasto elettronici. Anche sul fronte del welfare aziendale, quindi, si va nella direzione di una maggiore tracciabilità del sistema. Non è una caso che l’articolo 83 sia inserito nel Titolo III del DDL presentato al Senato, Economia e Fisco Digitale.

Portare il valore dei buoni cartacei a 4 euro equivale a scoraggiarne l’utilizzo

Portare il valore dei buoni pasto cartacei a 4 euro equivale a scoraggiarne l’utilizzo, diffuso, secondo le stime inserite nella relazione tecnica, ancora per il 50%. L’obiettivo è quello di spingere i datori di lavoro e i lavoratori ad affidarsi a una modalità, quella digitale, che si presta con più difficoltà a una strumentalizzazione negativa. L’intervento sulle soglie massime dei buoni pasto chiude un cerchio di interventi inseriti nel Decreto Fiscale e nella Legge di Bilancio 2020, che portano il sistema dei pagamenti su un piano sempre più digitale e tracciabile.

 

Nel 2020 viaggiare sarà slow, ecosostenibile e tecnologico

Il 2020 sarà un anno di viaggi all’insegna della scoperta, della lentezza e del senso di responsabilità verso i luoghi visitati e le persone che li abitano. Aumenteranno i viaggi verso mete meno note, e oltre la metà (54%) dei viaggiatori a livello mondiale vuole fare la sua parte per contrastare il fenomeno dell’overtourism, mentre il 51% sceglierebbe una meta meno nota per avere un minore impatto ambientale. Nel nuovo anno poi il cibo giocherà un ruolo fondamentale nel decidere quale meta visitare, e assisteremo a una vera e propria corsa alla prenotazione per i ristoranti migliori. E se il termine “pensione” orami è sinonimo di viaggi avventurosi, circa un quinto (19%) di chi ha lasciato il lavoro pensa di prendersi un anno sabbatico per viaggiare.

Nuove applicazioni basate sull’AI

Booking.com ha identificato i trend di viaggio per il nuovo anno, e in base a una ricerca condotta su oltre 22.000 viaggiatori provenienti da 29 mercati diversi ha scoperto che nel 2020 affideremo alla tecnologia aspetti chiave del processo decisionale dei nostri viaggi. Il 2020 vedrà quindi il debutto di nuove applicazioni basate sull’AI in grado di offrire consigli personalizzati su mete da visitare, posti dove soggiornare e cose da fare. Il 59% dei viaggiatori conta sull’effetto sorpresa che la tecnologia possa creare quando si tratta di trovare una meta di viaggio inaspettata, e il 46% userà un’app per prenotare attività in tempo reale durante un viaggio.

Turismo lento alla riscossa

Il 2020 sarà all’insegna della lentezza. Per l’anno che verrà, circa la metà dei viaggiatori (48%) ha intenzione di usare mezzi di trasporto più lenti e 6 persone su 10 (61%) sceglieranno un tragitto più lungo per gustare ancora di più il viaggio stesso. A oltre la metà dei viaggiatori (57%) non dispiace impiegare più tempo per arrivare a destinazione pur di usare un mezzo di trasporto meno comune, o che dia l’impressione di fare un tuffo nel passato (64%). Per vivere un viaggio slow verranno in aiuto diversi mezzi di trasporto, tra cui bicicletta, tram, slitte e barche.

Attività a gogò, con il pet o il nonno

Più della metà dei viaggiatori globali (54%) vuole concedersi un viaggio che offra tutte le attività e attrazioni preferite, e il 62% preferirebbe che fossero anche una vicina all’altra per risparmiare tempo. Ma il 2020 inaugurerà anche una nuova era dei viaggi pensati su misura per i pet. Il 42% di chi possiede un animale sceglierà la meta per le vacanze in base alla possibilità di portare con sé il proprio pet, e il 49% è disposto a pagare di più per soggiornare in una struttura pet friendly.

Il 2020 però vedrà anche sempre più nonni partire insieme ai nipoti per viaggi memorabili lasciando a casa la generazione intermedia. Insomma, il nuovo anno porterà vacanze intergenerazionali a base di esperienze dinamiche.

 

Come fare un selfie perfetto. Le 6 regole

Siamo sicuri di saper realizzare un selfie con lo sguardo giusto, la location accattivante, e il giusto posizionamento della camera? A volte, sembrerebbe proprio di no. Labbra a becco d’anatra, location improbabili, pose da star spopolano tra le foto profilo pubblicate sui social. Ma niente paura. Un aiuto per imparare a scattare il selfie perfetto arriva da Wiko, l’azienda francese produttrice di smartphone. Che ha stilato sei semplici regole per sapere sempre cosa fare e cosa non fare di fronte all’obiettivo.

Duck face addio, e meglio uscire dal bagno

Le espressioni facciali non sono determinate dalla cultura o dalle tradizioni locali, ma fanno parte di un linguaggio universale. E la celebre posizione delle labbra a becco d’anatra stile Zoolander per fortuna volge al suo ultimo capitolo per lasciare il posto a espressioni del volto naturali. Spazio quindi a sorrisi, espressioni di stupore o tristezza invece dell’artefatta duck face. E se è il bagno ad aggiudicarsi il primo posto tra le location preferite per i selfie ora iniziano a essere davvero tantissimi gli utenti e gli influencer che si autoritraggono con l’hashtag #bathroomselfie. Soprattutto negli eleganti bagni degli hotel con specchi incastonati in cornici illuminate. Ma siamo sicuri che sia una buona idea?

Attenzione ai gesti off limits

Chissà come avrebbero reagito James Joyce o Marcel Proust, riporta Agi, se avessero visto le loro frasi più celebri a corredo di selfie provocanti. Meglio pensare al buon gusto, e chiedere ai selfie-addicted di evitare di scomodare i grandi del passato. Sui social la consapevolezza di essere sotto gli occhi di tutti è fondamentale, eppure sono tanti gli influencer che hanno perso follower a causa di un caso di “lost in translation”, cioè incomprensioni dovute all’appartenenza a culture differenti. Prima di scattare e postare bisogna stare attenti ai gesti. Ad esempio, il classico segno delle dita V con il dorso della mano non è ben visto da inglesi e australiani, che lo considerano offensivo. Anche il semplicissimo gesto di “Ok” in Brasile e Russia assume un’accezione negativa, mentre in Francia indica una persona che vale zero.

Selfie acchiappa-like con animali, e luoghi vietati

Se il gatto si conferma il re indiscusso dei selfie su Instagram, in vacanza guadagnano like anche altri animali, come il quokka, il piccolo marsupiale che vive su un’isoletta australiana. Ci sono però animali con cui è severamente proibito farsi i selfie, sia per l’incolumità dell’animale sia dell’autore dell’autoscatto. Sembrerà assurdo, ma gli animali ancora non hanno capito cosa sia una foto e potrebbero reagire in maniera inaspettata.

La lista dei luoghi in cui, per diversi motivi, vige il divieto di scattare foto è lunga e talvolta ricca di sorprese. In molti musei l’utilizzo di smartphone e fotocamere è vietato per proteggere le opere d’arte, ma anche luoghi di culto e perfino noti parchi divertimenti hanno messo al bando l’utilizzo dei selfie-stick. Quindi è meglio prima verificare.

 

Viaggiatori della Generazione Z, ispirati da Instagram e influencer

Per la Generazione Z, Instagram è la principale fonte di ispirazione per decidere la meta della prossima vacanza, e il 45% di loro si fida dei consigli di influencer e personaggi famosi. Il 25% inoltre scatta oltre 50 foto al giorno durante la vacanza, e il 40% le condivide sui social. Lo ha scoperto una ricerca condotta da Booking.com, il sito di ricerca e prenotazione di alloggi, esperienze di viaggio e opzioni di trasporto, su un campione di 21.807 partecipanti dai 16 anni in su provenienti da 29 Paesi. Italia compresa.

Il 54% cerca sui social post e foto dedicate alle vacanze

Il 54% dei viaggiatori della Generazione Z cerca sui social post e foto dedicate ai viaggi, e il 40% va subito a dare un’occhiata al feed per trovare ispirazione, grazie agli hashtag come #travel, #ispirazione e #viaggi.

E sono le donne, il 47%, a essere più inclini a decidere il prossimo viaggio mentre scorrono le storie di Instagram, battendo il 25% della media globale e il 30% registrato tra i Millennials. Dati che non sorprendono, poiché i giovanissimi hanno avuto fin da subito accesso alla tecnologia, tanto che il 55% indica la presenza del WiFi come uno dei fattori più importanti durante il soggiorno. Una percentuale decisamente più alta rispetto il resto dei viaggiatori, a conferma che per la Gen Z la vacanza non è pensata per staccare la spina.

L’importanza delle immagini

Quando si tratta di dover decidere la destinazione, il 45% degli appartenenti alla Gen Z afferma di farsi convincere dagli influencer, con il 35% pronto a fidarsi delle loro raccomandazioni e consigli. Ma non è solo il profilo degli influencer a dover essere ricco di foto ben fatte: deve esserlo anche quello personale. Il 43% della Gen Z conferma addirittura di scegliere le destinazioni per poter fare foto spettacolari. E il 42% di caricare sempre qualche immagine sui social (contro il 35% dei viaggiatori appartenenti ad altre fasce d’età). Il 29%, inoltre, dichiara di aver scattato tra le 10 e le 30 foto al giorno durante l’ultima vacanza, e il 25% più di 50.

Non solo smartphone

L’ispirazione però non arriva solo dallo smartphone. Il 35% dei partecipanti al sondaggio ha infatti dichiarato di voler spesso visitare mete viste in serie TV o film. E il 33% continua a chiedere consigli “offline” ad amici e parenti. I social quindi non sono tutto, e la Gen Z dà molta importanza alle esperienze. Il 57% degli intervistati preferisce vivere il momento piuttosto che scattare foto da pubblicare online, considerate una sorta di bonus extra, ma non il motivo principale del viaggio. E il 50% crede che venga data troppa rilevanza all’aspetto social dei viaggi. Nonostante non si possa negare che la Gen Z sia molto presente online, allo stesso tempo sembra sapere quando è il momento di vivere esperienze offline. Oppure, è una generazione che ama la contraddizione.

Il supercomputer del futuro abiterà in Italia. Bologna selezionata per ospitarlo

Un supercomputer europeo del futuro, capace di una potenza di calcolo da mille miliardi di operazioni al secondo. E uno degli otto paesi selezionati per ospitarlo è l’Italia. In particolare, nella città di Bologna, individuata come “casa” italiana del supercomputer dal Comitato europeo sul calcolo ad alte prestazioni (EuroHPC). L’Italia aveva presentato la sua candidatura lo scorso 21 gennaio, grazie a un consorzio congiunto con la Slovenia nell’ambito di un progetto guidato dal Consorzio Interuniversitario Cineca, con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste. La nomina dell’Italia è avvenuta nell’ultima riunione dell’organo voluto dalla Commissione europea per promuovere lo sviluppo di una rete di supercomputer, il comitato dell’EuroHPC JU (European High Performance Computing Joint Undertaking).

Un Tecnopolo dedicato al supercalcolo

Uno degli otto supercomputer europei verrà costruito nel Tecnopolo che sta sorgendo presso l’ex Manifattura Tabacchi del capoluogo emiliano, accanto al Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (Ecmwf). In questo modo l’Emilia-Romagna, dove si concentra il 70% della capacita di calcolo e di storage nazionale, passa dalla 19a alla 5a posizione nella classifica mondiale dei centri di calcolo, riferisce LaVoce.

Gli altri sette supercomputer “alloggeranno” a Sofia (Bulgaria), Ostrava (Repubblica Ceca), Kajaani (Finlandia), Bissen (Lussemburgo), Minho (Portogallo), Maribor (Slovenia), e Barcellona (Spagna).

Un progetto da 840 milioni di euro di finanziamento

Finanziato con 840 milioni di euro, il progetto sarà operativo nel 2021 e prevede la creazione di una rete di supercomputer con elevatissime capacità di calcolo, di classe pre-esascala, in grado cioè di raggiungere la potenza di calcolo di un miliardo di miliardi di operazioni al secondo. In pratica, una cifra da 18 zeri, riferisce una notizia Ansa. Questi computer di ultima generazione troveranno molteplici applicazioni, dallo studio del funzionamento del cervello a quello dell’evoluzione dell’universo, dalla progettazione di nuovi farmaci alla lotta ai cambiamenti climatici.

Sfruttare le potenzialità offerte dai big data e dall’intelligenza artificiale

“L’assegnazione è motivo di orgoglio per il nostro Paese. Si tratta di un’iniziativa strategica, volano di crescita e innovazione – commenta il ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca, Marco Bussetti -. Questo risultato è il frutto di un importante lavoro di squadra. Un’iniziativa in cui ho fortemente creduto sin dal mio insediamento al Ministero, destinandovi risorse specifiche, pari a 120 milioni di euro – aggiunge il ministro -. Si tratta di un progetto che riconosce la leadership del nostro Paese in questo settore e che ci permetterà di sfruttare appieno le potenzialità offerte dai big data e dall’intelligenza artificiale”.

Per colpa della plastica l’80% italiani teme un disastro ambientale

L’80% degli italiani teme di essere alle soglie di un disastro ambientale, e il 74% pensa di aver contribuito personalmente alla creazione delle isole dei rifiuti negli oceani. Alla vigilia di una nuova era “plastic free” scandita dagli step dell’Unione Europea, e dal grido di allarme di un pianeta invaso dalla plastica, il primo studio Ipsos dedicato alla plastica racconta di una crescente consapevolezza ambientale dei cittadini. E delinea le aspettative dei consumatori nei confronti delle aziende in tema di impatto ambientale.

Le aziende non stanno facendo abbastanza per la sostenibilità

Secondo lo studio l’emergenza ecologica non è più percepita come priorità solo per una élite, ma è un problema vissuto dalla gran parte delle persone che se ne fanno carico attraverso un’acquisizione di conoscenza qualificata, cresciuta negli ultimi 4 anni del 65%. Per quanto riguarda l’allarme plastica per il 50% degli italiani si tratta di un problema molto serio, e oltre 1 italiano su 3 ritiene che siano le aziende a dover offrire risposte concrete per la riduzione dell’uso della plastica nelle confezioni dei prodotti. Aziende che per il 77% degli intervistati non stanno facendo abbastanza per la sostenibilità.

Plastic-free, un’opportunità da cogliere e una scelta strategica

Ancora in merito all’Sos plastica il 46% degli italiani però lo ritiene “solo” un problema, che esiste ma può essere risolto (26%), oppure che esiste perché ora la plastica non è adeguatamente riciclata (20%). E se l’1% considera il dibattito sulla plastica frutto di allarmismi inutili il 2% non lo vive come preoccupazione.

Dallo studio emerge però che il plastic-free rappresenta un’opportunità unica da cogliere e una scelta strategica per le aziende, e che il packaging sia il primo fattore di sostenibilità su cui viene valutato un brand (41%). Per il 52% degli italiani emerge il desiderio di trovare marche che permettano “di fare la differenza nel mondo”, ma ammettono che tra i prodotti in plastica a cui faticheranno a rinunciare ci sono le bottiglie d’acqua (il 33%), e le pellicole trasparenti per gli alimenti (il 27%).

Il 68% dei cittadini pagherebbe di più un prodotto “fatto” con politiche ambientali rigorose

Un altro messaggio significativo dell’analisi Ipsos, riporta Ansa, è quello per cui oggi l’azienda sostenibile viene ripagata dai consumatori, con il 68% dei cittadini disposto a pagare di più per un prodotto o servizio di un’azienda che attua politiche ambientali serie e rigorose.

Per quanto riguarda i propri comportamenti, il 53% dichiara di acquistare prodotti realizzati con materiali riciclati, il 48% di riutilizzare articoli monouso, il 41% di smettere di acquistare beni con imballaggi non riciclabili, e il 24% di smettere di andare nei negozi che ne usano molti.

Lusso, la crisi non c’è grazie all’Asia

Nonostante il rallentamento della crescita mondiale è grazie all’Asia che il settore del lusso continua a vedere un futuro roseo. Nel 2017 le vendite dei prodotti d’alta gamma dei primi 100 gruppi al mondo ha toccato i 247 miliardi di dollari, in crescita del 13,8% sull’anno precedente. E ben sei società dell’area Asia-Pacific sono nella classifica Deloitte delle imprese che crescono più velocemente. Lo dimostrano i dati del Global Powers of Luxury Goods, lo studio annuale di Deloitte, secondo il quale la supremazia occidentale del lusso è insidiata. Nella fascia di alta gamma si inizia infatti a sentire la competizione dell’Asia, non più solo consumatrice, ma sempre più produttrice di beni luxury.

La classifica del lusso, Lvmh, Estee Lauder e Richemont sul podio

Anche se nella Top 100 di Deloitte 20 società sono asiatiche per ora il podio della Top 10 del lusso è stabile, con la francesce Lvmh che domina incontrastata, seguita da Estee Lauder e Richemont. L’unica italiana nella Top 10, Luxottica, è scesa al 5°uinto posto dopo il sorpasso di Kering, anche se il dato è precedente alla fusione con Essilor, completata nel 2018. Dopo il colosso degli occhiali arrivano Prada (21°) e Giorgio Armani (26°). I tre gruppi insieme fanno quasi la metà dei 34 miliardi di dollari del lusso Made in Italy venduto nel mondo, pari al 14% dei ricavi globali. Tra le sei società dell’area Asia-Pacific in classifica il gruppo di Hong Kong della gioielleria Chow Tai Fook è al 9° posto, con 7,6 miliardi di dollari di ricavi (+15,4% sull’anno precedente).

Una crescita guidata dagli Henrys di Cina e India

L’influsso crescente dell’estremo oriente, sia per i risultati finanziari sia per la domanda, non è da trascurare, “con i consumatori cinesi che guidano il consumo dei beni di lusso sia in patria che all’estero”, spiega Patrizia Arienti, Deloitte Emea Fashion & Luxury Leader. Dietro questa dinamica ci sono i cosiddetti Henrys, cioè gli High earners not rich yet, ovvero, chi guadagna tanto, ma non è ancora un Paperone. In pratica, la nuova classe di consumatori middle class, che sta crescendo soprattutto in Cina e in India. E i signori del marketing hanno gli occhi puntati su di loro. Con redditi annui tra i 100 e i 250 mila dollari sono proprio gli Henrys i futuri big spender, per lo più Millennial amanti dello shopping online, e capaci di metter mano al portafogli senza timidezza.

Un’italiana aggancia i consumatori del lusso del futuro

In questo quadro le imprese italiane difendono la loro leadership, ma per vincere la sfida dovranno sapere “coniugare modelli di business innovativi con tradizione ed esclusività del prodotto” sottolinea Arienti. Sarà per questo che Moncler è l’italiana più performante, con il +20,9% di margine di profitto netto. Il suo progetto Genius, che coinvolge nuovi designer con uscite di nuovi prodotti cadenzate nell’anno e una forte strategia digitale, ha saputo agganciare i consumatori del lusso del futuro.

Gaming online, un boom fra i più giovani. Una ricerca dice che per giocare sono disposti a trascurare lavoro e amici

Il gaming online sta registrando un vero e proprio boom a livello planetario, soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione. Ma c’è di più: la popolarità del gaming online non conosce battute d’arresto, anzi, ma continua ad aumentare con giocatori che trascorrono davanti allo schermo oltre sette ore alla settimana. Si tratta di un aumento del 20%, registrato solo nell’ultimo anno. I giovani adulti si posizionano in testa alla classifica dei giocatori online, con gamer di età compresa tra i 26 e i 35 anni che giocano otto ore e 13 minuti alla settimana, un aumento pari al 25% rispetto all’anno scorso. I dati sono il fiuto della ricerca “State of online gaming – 2019” sui comportamenti di gioco e sulle aspettative dei consumatori di tutto il mondo condotta da LimeLight Networks,  fornitore leader di servizi cloud. Lo studio ha coinvolto 4.500 utenti in Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Singapore, Corea del Sud, Regno Unito e Stati Uniti di età pari o superiore ai 18 anni che giocano ai videogiochi almeno una volta alla settimana.

Come cambiano le abitudini dei gamers

Sono diversi i casi di games che danno maggiore importanza al gioco on line rispetto alle normali attività quotidiane. E’ questo, in base alla ricerca, il primo cambiamento nelle abitudini delle persone che si danno al gaming. L’8,2% dei giocatori italiani dice di aver saltato il lavoro per giocare ai videogiochi e ben il 41%, sempre degli italiani, ha rinunciato a uscire con gli amici o andare a un appuntamento per continuare a giocare. Quasi la metà (42,6%) dei giocatori italiani riferiscono di aver perso ore di sonno, mentre il 17,4% dichiara di non essersi fatto la doccia e il 20,6% di aver saltato i pasti. E c’è un dato che riguarda anche il lavoro: il 12,7% degli italiani dichiara di giocare al lavoro almeno una volta al mese, dei quali il 4,1% su base giornaliera.

Se non gioco, guardo

Un altro dato singolare è che, anche quando non giocano direttamente, molti gamer guardano altri che giocano online. A livello globale, quasi il 60% dei giocatori guarda altre persone giocare online ogni settimana, con il 10% che assiste ai match per più di sette ore. I gamer più giovani preferiscono guardare altri giocare online piuttosto che seguire sport tradizionali in TV, in particolare i giocatori di età compresa tra 18 e 25 anni trascorrono quasi quattro ore alla settimana a guardare videogiochi online, il 77% in più rispetto al tempo che trascorrono guardando trasmissioni sportive tradizionali.

Obiettivo: il professionismo

Il gaming on line è per molti anche un ambizione e un obiettivo professionale.Tra i gamers, aumentano le loro aspirazioni per poter diventare dei giocatori professionisti: il 36% dei giocatori a livello globale lascerebbe il proprio lavoro per diventare un professionista, se potesse mantenersi come gamer professionista (un aumento dell’11% rispetto all’anno scorso) una percentuale di italiani pari al 41%. I giocatori maschi più giovani (da 18 a 35 anni) sono i più interessati alle carriere nel settore degli e-Sport, con più della metà (56%) che indica di voler diventare un giocatore professionista

Come scegliere il manager giusto. I consigli dell’head hunter alle aziende

La scelta del manager giusto non è sempre facile. A volte sul CV i candidati presentano tutte le competenze e le doti necessarie, ad esempio, capacità decisionale, carisma, senso pratico, abilità relazionali e leadership. Ma poi, alla prova dei fatti, si rivelano poco adatti per la gestione di una determinata area aziendale. Oppure, si rivelano troppo concentrati sulla propria carriera, al punto da mettere a rischio il raggiungimento degli obiettivi aziendali pur di mantenere i privilegi acquisiti.

Quali sono quindi gli aspetti da considerare nel delicato processo di selezione?

Il manager perfetto deve essere creativo, generoso, e autocritico

“Le aziende hanno visioni totalmente diverse circa il manager perfetto. C’è chi pensa che questo professionista debba essere un visionario, un creativo – risponde Carola Adami, CEO di Adami & Associati, società di ricerca e selezione del personale – mentre secondo altri il manager ideale è stabile, profondamente maturo e anche noioso”. “La ragione, come spesso accade, sta nel mezzo. Di certo un buon manager deve avere una buona dose di creatività, deve essere un gran comunicatore, deve avere carisma, ma deve anche essere obiettivo, trasparente e soprattutto affidabile e generoso”, afferma Adami. Ma non è tutto: il manager ideale non deve mai considerarsi “arrivato”, deve continuare invece ad aggiornarsi ed è capace di essere autocritico.

Le hard skills non bastano

Per selezionare il manager perfetto, quindi, non è sufficiente individuare una lista di competenze tecniche. Come conferma l’head hunter, “le hard skills non bastano. Oltre a conoscere in modo approfondito il lavoro del proprio futuro, il candidato ideale è quello che si mostra in grado di formare e di motivare il proprio team, nonché di assumersi la responsabilità dell’intera sezione aziendale”.

Non sono, però, solamente le imprese a scegliere i manager giusti. Sono infatti anche quest’ultimi, molto spesso, a valutare le offerte delle aziende interessate.

Cosa cerca un professionista talentuoso in un’azienda?

Cosa cerca un manager talentuoso in una nuova azienda? “Non tutti i manager, va detto, cercano le medesime cose”, sottolinea Adami. Un manager giovane, ad esempio, sarà soprattutto alla ricerca di possibilità di carriera, mentre una figura senior avrà altre motivazioni.

Cosa può fare quindi un’azienda se vuole attirare i migliori professionisti sul mercato?

Innanzitutto deve lavorare seriamente sul proprio employer branding, quindi sulla propria reputazione di datore di lavoro, così da “guadagnare punti” nei confronti dei competitors. A contare, poi, non è solamente il salario. “Soprattutto per le nuove generazioni di manager – aggiunge Adami – lo stipendio diventa un elemento secondario, oscurato da altri fattori primari come l’autonomia decisionale, la possibilità di carriera, e i benefit collaterali”.